Capire da fuori come si sta dentro è difficile
«Qualcuno ogni tanto mi dice che hai smesso / Ma non si sa dove sei, fuori dagli algoritmi / Forse quando passi non funzionano neanche le fotocellule / Non si aprono le porte»
Sasso d’Adige n.81
C’è un luogo che raramente è stato trattato con approfondimenti e spazi adeguati dalle cronache. Un luogo che attira scarso interessa nel cittadino medio, perché rappresenta il recinto in cui confinare chi si allontana dalle regole della società e della civile convivenza.
Parlo ovviamente del carcere, tema che in queste settimane viene affrontato con più frequenza e interesse dagli organi di informazione in seguito alla drammatica serie di suicidi avvenuti in varie città d’Italia (cinque in tre mesi a Verona) e alle collaterali proteste, tensioni, manifestazioni.
Capire da fuori come si sta dentro è difficile
Il numero della newsletter di ieri parlava di un tema in teoria leggero (il Carnevale) con una puntata lunga e pesantina. Oggi parliamo di un tema grave con una puntata più agevole, ma di sicuro ci ritorneremo.
Nel Sasso d’Adige n.59, circa 10 mesi fa, c’era un capitolo intitolato “Nel carcere di Montorio le cose non vanno troppo bene”, perché il problema si trascina da tempo, a Verona come in altri istituti italiani.
A Montorio, che tecnicamente è una casa circondariale, ci sono 335 posti regolamentari e 526 detenuti, secondo i dati sul sito ufficiale, ma ne risultano anche di più.
Se la matematica non è un’opinione, il sovraffollamento è evidente.
A fronte del sovraffollamento, c’è pure una carenza di personale:
Polizia penitenziaria: effettivi 311, previsti 380;
amministrativi: effettivi 20, previsti 26;
educatori: effettivi 4, previsti 5.
Al di là delle evidenti carenze strutturali, uno dei temi è la possibilità di lavorare durante la detenzione. Sulla positività di questa misura sono un po’ tutti d’accordo, ma pochi detenuti riescono ad avere questa opportunità.
Ha dichiarato, in una recente intervista a La Cronaca di Verona, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale (spesso definito “Garante dei detenuti” per brevità) di Verona don Carlo Vinco: «Uno dei cammini fatto in tante carceri è stato quello di una proposta lavorativa significativa, sia interna che esterna. Penso al carcere di Padova, che da diversi anni è riuscito a strutturare notevoli esperienze lavorative. Anche a Verona in passato ci sono state esperienze positive, finite per motivi di disorganizzazione. Passare la giornata in cella senza fare nulla, per una persona detenuta è fonte di ulteriore difficoltà e di tensione. C’è una legge importante che assegna grossi vantaggi a chi porta dentro al carcere un’attività. Abbiamo più volte tentato di proporre possibilità lavorative, ma finora l’ambiente economico di Verona non ha risposto a sufficienza. Credo che, vista la possibilità lavorativa veronese, dovrebbero esserci risposte più importanti».
Infatti, continua don Vinco «le statistiche dicono che dove la persona ha avuto un lavoro, sia interno che esterno al carcere, ha una recidiva infinitamente più bassa».
Perché, ricordiamolo, la funzione del carcere non è solo punitiva, ma dovrebbe esserci l’obiettivo di un reinserimento in società.
Ad animare il dibattito pubblico, anche a Verona, c’è l’associazione “Sbarre di zucchero”, nata in seguito al suicidio nell’agosto 2022 di Donatela Hodo, una giovane donna detenuta a Montorio.
Seppure con metodi e dichiarazioni talvolta poco ortodossi, l’associazione ha sicuramente il merito di aver contribuito a portare l’attenzione sul tema della vita e della morte in cella.
Anche la politica si sta dando una mossa. Da segnalare un certo attivismo sui temi carcerari da parte del deputato di Forza Italia Flavio Tosi e della consigliera comunale Patrizia Bisinella.
Anche la consigliera regionale del Pd Anna Maria Bigon ha chiesto una visita alla casa circondariale di Montorio, dove il sindaco Damiano Tommasi e l’assessora Stefania Zivelonghi erano già stati a settembre.
La senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra Aurora Floridia ha presentato anche un’interrogazione al Ministro della Giustizia.
Appuntamento al Festival del Giornalismo
Della vita “Fra le sbarre” si parlerà sabato 24 febbraio in una giornata di anteprima del Festival del Giornalismo di Verona.
Ci saranno vari interventi, fra cui quelli di don Carlo Vinco, Garante dei detenuti di Verona, Luigi Mastrodonato, autore del podcast del Post “Tredici” (già consigliato in Sasso d’Adige n.72), Micaela Tosato di “Sbarre di Zucchero”.
Io sarò presente in qualità di moderatore dell’incontro con Stefania Zivelonghi, assessora di Verona alla Sicurezza, e Paolo Mastropasqua, presidente della Camera Penale di Verona (associazione degli avvocati penalisti).
Un momento interessante, credo, per avvicinarsi a un luogo così distante dalle vite quotidiane di molti di noi. E capire un po’ meglio, da “fuori”, come si sta “dentro”.
A proposito di giornalismo, consiglio questo articolo del Post su “Come i giornali devono parlare dei suicidi”
Fra le altre cose, consiglia di inserire una formula particolare all’interno di articoli che trattano il tema del suicidio.
Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 199 284 284 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.Puoi anche chiamare i Samaritans al numero verde gratuito 800 86 00 22 da telefono fisso o al 06 77208977 da cellulare, tutti i giorni dalle 13 alle 22.
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