Una cosa con un certo impatto
Non capita tutti i giorni di elaborare un PAT, Piano di assetto del territorio. È il documento che mette nero su bianco le scelte strategiche per lo sviluppo della città. A Verona sta capitando.
«Piccola città, vecchi cortili
sogni e dei primaverili, rime e fedi giovanili,
bimbe ora vecchie;
piango e non rimpiango, la tua polvere, il tuo fango,
le tue vite, le tue pietre, l'oro e il marmo
le catapecchie;
così diversa sei adesso, io son sempre lo stesso, sempre diverso:
cerco le notti ed il fiasco, se muoio rinasco, finché non finirà»Francesco Guccini, Piccola città
Sasso d’Adige n.99
Sta succedendo una cosa piuttosto importante per il futuro della città: è nel pieno del suo lungo iter lo sviluppo del nuovo PAT, il Piano di assetto del territorio. L’altra volta è successo quasi 20 anni fa.
Si tratta dello strumento di pianificazione urbanistica che insieme al Piano degli interventi (PI) costituisce il piano regolatore comunale, come da legge urbanistica regionale n.11 del 2004.
Per chi si fosse perso la puntata della scorsa settimana, la novità di Sasso d’Adige è che il nuovo ritmo è questo:
una settimana facciamo una puntata monografica su un tema, quella dopo facciamo un riassunto più spiccio di quello che sta succedendo.
Questa è una puntata monografica. È sul PAT. Eh? Chupa.
Il PAT
Il PAT il documento che delinea quale deve essere la prospettiva di sviluppo della città, mettendo le basi per le scelte strategiche di assetto del territorio.
Il Piano degli interventi poi cala le strategie in una dimensione più concreta. Per dirla con la legge 11/2004, nel PAT ci sono le «disposizioni strutturali», mentre nel PI le «disposizioni operative».
«Il piano di assetto del territorio (PAT) è lo strumento di pianificazione che delinea le scelte strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale, individuando le specifiche vocazioni e le invarianti di natura geologica, geomorfologica, idrogeologica, paesaggistica, ambientale, storico monumentale e architettonica, in conformità agli obiettivi ed indirizzi espressi nella pianificazione territoriale di livello superiore ed alle esigenze dalla comunità locale».
Art. 12, comma 2, Legge regionale 11/2004
Qualsiasi progetto, costruzione, eccetera, dovrà rispettare quelle filosofie e quei dettami inseriti nel PAT e nel PI (salvo varianti o deroghe).
Ci sono anche altri strumenti urbanistici che compongono la pianificazione del territorio, ma questo non è un trattato di diritto amministrativo.
Il PAT attualmente in vigore a Verona risale al 2008, in quanto fu una delle prime città a dotarsi di questo strumento. La sua validità non scade, ma secondo la nostra ormai cara legge regionale 11/2004, il documento viene «redatto sulla base di previsioni decennali».
Uno sguardo al calendario e un rapido calcolo ci consentiranno di comprendere che in effetti era ora di produrre un nuovo PAT.
Al fine dell’adozione, il Comune deve elaborare un documento preliminare che contenga «gli obiettivi generali che s’intendono perseguire con il piano e le scelte strategiche di assetto del territorio» e «le indicazioni per lo sviluppo sostenibile e durevole del territorio».
Bella roba.
Tanta roba.
E infatti parliamo di un documento piuttosto corposo.
Fra poco lo vediamo.
Intanto il contesto: il documento preliminare è stato approvato dalla Giunta del Comune di Verona a fine 2024, ma questo è solo l’inizio. È iniziato un lungo iter di consultazione con cittadini e portatori di interessi, che poi porterà all’approvazione in consiglio comunale e al trasferimento alla Regione Veneto, per la definitiva approvazione. Ci vorrà almeno un altro annetto.
Piccolo (non piccolissimo) inghippo: l’assessore al Bilancio Michele Bertucco ha votato contro, ma questa è un’altra storia, che sicuramente riprenderemo più avanti.
Lo scorso sabato 25 gennaio, il Comune ha organizzato a Santa Marta un’assemblea pubblica per presentare i contenuti del Documento preliminare al PAT.
(Nel malloppo c’è il documento in sé, una serie di tavole e un bel pacco di allegati. Centinaia di pagine. Centinaia).
La vicesindaca Barbara Bissoli ha presentato la filosofia perseguita dall’Amministrazione: Verona si propone come una "città laboratorio" per lo sviluppo sostenibile, «in cui rigenerazione urbana, innovazione e inclusività sociale convergano per garantire benessere e qualità della vita a tutte le generazioni e fasce della popolazione».
Lo sviluppo della città è inteso senza ulteriore accrescimento fisico. È una dichiarazione di intenti che rompe con il PAT attualmente vigente, che invece prevede ancora politiche espansive.
Sono due gli orientamenti strategici del nuovo PAT:
Verona città europea, universitaria e del lavoro,
Verona città dei quartieri e della prossimità.
Ad affiancare il Comune nello studio del PAT come consulente e coordinatore della squadra multidisciplinare c’è Paolo Galuzzi, ordinario alla Sapienza di Roma.
Durante l’incontro di sabato scorso ha spiegato l’impianto del PAT. Ci sono:
tre telai,
tre orizzonti,
otto città.
Mancano solo i due liocorni.
Vediamo in breve quali sono, giusto per farsi un’idea. Poi la sintesi ampia (ossimoro) è qui, mentre il malloppo completo è sempre qui.
Tre orizzonti:
l’orizzonte lungo: crescere nella rigenerazione per una città sostenibile, attrattiva e accessibile;
l’orizzonte largo: una città transcalare nei territori della metropolizzazione [Eh? Chupa!] (ovvero il punto di riferimento e di passaggio fra territori di diverse dimensioni);
l’orizzonte di prossimità: quartieri e ambienti o forme di vita.
Ci sono poi i tre telai, che costituiscono la cornice della progettualità del PAT, gli elementi portanti:
telaio ecologico-ambientale (gli spazi verdi e delle acque),
telaio storico-culturale (in cui la fanno da padrone il centro storico e il sistema di fortificazioni),
telaio infrastrutturale (che dà risalto a trasporto pubblico locale e mobilità dolce).
Le otto città (prospettive tematiche trasversali da considerare nella pianificazione):
Verona città dell’acqua e del suolo,
Verona “città sana”, città resiliente e biofilica, con attenzione ai servizi ecosistemici,
Verona città della filovia,
Verona città storica,
Verona città dei quartieri,
Verona città laboratorio della trasformazione e rigenerazione urbana e ambientale,
Verona città universitaria, del lavoro, delle attività e dell’innovazione.
Verona città abitabile, inclusiva e attrattiva.
Quello che abbiamo visto fin qui è solo l’impianto generale del documento, che poi ovviamente sviluppa ben più nel profondo questi temi.
Alcuni aspetti sono più interessanti e succosi (che si dice del traforo delle Torricelle? Cosa si dice della difficoltà a trovare una casa a prezzi equi? Il filobus volerà?), altri lo sono un po’ meno, ma è importante capire cosa c’è scritto nero su bianco. Il documento sarà la base per la Verona dei prossimi 10-15 anni.
Questo quadro generale di cosa è il PAT e di come è strutturato ci serve per poi andare più nello specifico. Lo faremo nelle prossime puntate di Sasso.
Ci sono anche alcune criticità sollevate da più parti, su temi diversi. Quasi più da dentro e da sinistra dell’Amministrazione, che da destra. Ne parleremo.
Ma per oggi ci fermiamo qui.
Ho pietà.
Anche io non mi sono ancora ripreso dalla “città transcalare nei territori della metropolizzazione”.

Stratificazioni
“Stratificazioni” è un semplice segnatempo per mettere le cose in prospettiva.
Sono passati 947 giorni dall’inizio del mandato del sindaco Damiano Tommasi a Verona.
Sono passati 5413 giorni dal primo insediamento di Luca Zaia come Presidente della Regione del Veneto.
Sono passati 832 giorni dal giuramento di Giorgia Meloni come Presidente del Consiglio dei Ministri (quindi altrettanti giorni di Daniela Santanchè come Ministra della Repubblica).
Sono passati 3650 giorni (dieci anni!) dal primo giuramento di Sergio Mattarella come Presidente della Repubblica.
Sono passati 87 giorni da quando hai scoperto che Donald Trump sarebbe diventato per la seconda volta Presidente degli Stati Uniti d’America.
Gli ultimi Sassi
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il carnevale impazza.
L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore
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nei primi giorni di malato sole
la primavera danza»Francesco Guccini, Canzone dei dodici mesi